Marzia Gandini

 

L'azzurro della vicinanza

 

Studio Ercolani, Bologna, Ottobre 1996

 

 

 

 

 

La guarigione dal "nero" è aspra e difficile, ma contiene in sé il dono di essere improvvisa, come un fulmine che folgora nell'istante in cui si svela, rendendoci più sensibili alla notte da cui siamo avvolti.

Bagliori nel buio, i primi sintomi di guarigione dei sensi della pittura, dei nuovi sensi dell'Arte.

 

Un uomo nudo di fattezze classicheggianti è disteso sul pavimento azzurro ai bordi di una piscina azzurra sotto un cielo dello stesso colore.  Azzurro è anche il disegno del corpo nudo dell'uomo, disteso senza pensieri, guarito dalla malattia del suo tempo.

 

La fine dello sgomento che libera i freni dalla paura come se l'uomo oggi chiudesse le finestre alla disperazione rumorosa del suo passato, della sua storia.

Una possibilità?  Un'occasione? 0 piuttosto una condizione inalienabile del tempo, che dispone una misura unica e definita in questa sua ultima variazione, come un tassello conclusivo chiamato a compiere l'ultima azione. Il tassello della fine.

 

Qui, tutt'intorno, affiorano trasvolazioni di corpi celesti, nudi del proprio sé, da noi colti nel silenzio del respiro, nella distanza tra i pensieri, nell'unione.

 

Non più "NEO" immagini o "NEO" astrazioni e tantomeno "NEO" concettualismi ma indifferenze, dagli uni e dagli altri: cominciando ad allontanarci dalle forme "coatte" del pensare materialistico, da troppo tempo troppo impegnato a "lottizzare" lo spazio Duchampiano dell'esistenza.

Opere come queste di Marzia Gandini qui presentate hanno il merito di essere state dipinte in uno studio immaginario lungo migliaia di miglia, con due porte e due indirizzi attraverso i quali naviga la fantasia dell'artista italiana di New York.  Uno studio ovattato d'azzurri e celesti, moquette blu come nelle hall degli aeroporti dove il piede isolato dalla terra comincia le prime lezioni di volo.

Un corridoio atlantico, per ora, tra Roma, l'Italia e il Village, percorso con l'ansia del viaggio che nasce dai "disturbi" del nostro peso, dalle nostre valige, inevitabili disagi del pendolo nel suo tracciato occidentale, difficile, ma percorso con la leggerezza di chi conosce "il passo che attiva la vista", un vedere sapiente di sguardi "retinici" e no e corticali anche, mischiati assieme e richiamati all'uso di continuo, come in uno Zapping che registra la nostra "esistenza musiva", i nostri incontri continui, aderenti.

 

Visioni con sguardo dilatato come al cinema, preparati come siamo ad accogliere senza timori anche il "sangue estetico" di Tarantino quando cola scaricato dal suo dolore, come il Dripping di un Pollock senza passioni.

 

Per guardare la pittura e la scultura di Marzia, l'urgenza emotiva non è necessario portarsela dietro, meglio i sensi come in Condillac dando ciascuno di noi ad ogni scultura o pittura il proprio senso.  Questa è un'Arte senza travagli ecologici nata da un taglio cesareo sicuro, che sembra contraddire nelle sue dichiarazioni assenti da clamore, l'assunto nietzscheano che reclama dai più alti prodotti dello spirito uno sfondo terribile e cattivo. (Di qui, crediamo venga lo ieratismo di buona parte dell'Arte di questi ultimi anni).

 

Il tempo ora ci aiuta a far scorrere le cose dentro le direzioni previste, dentro le direzioni giuste della vicinanza. disconoscendo il pathos della distanza, dell'assenza.

 

''L'azzurro della vicinanza è il toccare con gli occhi, incontrare col tatto, come in "Passanger 2", dove una figura in primo piano è scelta dal nostro vedere fra le altre nello sfondo sfuocato; forse una figura femminile, ma non è detto, comunque un volto di donna con gli occhi chiusi e la bocca protesa in avanti, desiderante, sospesa tra un sogno e un bacio.

 

Tutt'intorno un'animazione di sfocature manuali che sembrerebbero dipinte da un pennellino da smalti per unghie che stende caparbiamente, in piccolissime campiture, la pittura fresca tra i pori della tela, con forza, senza rimpianti.  Uno scorcio di aeroporto, cercato più che visto, sempre più crescente nel nostro tempo di registrazione che mette in moto un film lentissimo, una "mobilità" della scena, come in viaggio.  Qui, affiorano lentamente aerei in rullaggio, torri di controllo, arredi di una sala d'attesa, grandi finestre sulle piste e tubi nichelati/cromati nei colori dell'argento,  senza scalfitture, crepe e cracleur, senza defaiances, senza novecento.

 

Intorno a noi tutto è già stato sepolto.  Forse con eccessiva premura sono state sepolte le maree dell'avanguardia, gli avamposti eroici dell'Arte, così ieratici anche loro e logorati dalle fruste della militanza, stanchi, sorpresi da un futuro senza pathos.

 

In "State of mind" (fig. 2 e fig. 3) in queste sculture del 1994, l'uomo è esclusivamente formato dalla sua testa e dalla sua mano.  Sono questi i luoghi del corpo in cui risiedono i cinque sensi intensificati dalla mancanza delle parti "basse" di quel corpo.  Teste clonate carezzanti. in domanda e in offerta, con tutti i sensi possibili, in preghiera.

Forse non si tratta di uomini ma di un insieme di occhi, bocca, orecchie, naso e mani, fuse in "Hydrocal", positivi di uno stampo seriale, leggermente diversi l'uno dall'altro e col minimo di espressioni, glabri.  Così gli uomini del dopostoria muti o parlanti solo di sensi coi sensi.

 

Forse Brancusi o Wildt, come è stato autorevolmente detto e con qualche buona ragione.  Noi comunque crediamo di trovare affinità con certe sculture di Michelangelo Pistoletto, per analogie di intenzioni, depurate però, quelle sculture, da quegli squilibri … che la liturgia di quell'epoca vicina richiedeva.

 

Questa scultura di Marzia invece, oggi è così: limpida, esposta con ordine verticale dal basso verso l'alto, dalla terra verso il cielo, di fronte al nostro nuovo orizzonte di domande.

 

Di una nuova sensibilità di questa giovane Arte si è già detto in altre sedi e crediamo che accomuni, ora e per la prima volta, artisti "diversi" fra loro, indifferenti alle similitudini dei materiali dell'Arte ma vicini, inondati di una "Vicinanza Azzurra" che lega il cinema alla pittura, al video, alla fotografia come in Cristiano Pintaldi non così diverso da Bill Viola o Grazia Toderi, Marcello Landi, Giacinto Cerone, Vittoria Chierici, Andrea Massaioli, Balletti & Mercandelli, Salvatore Astore, Gian Luca Cosci, Marco Samoré e Marzia Gandini.  Legati fra loro questi artisti da un soggettivismo estremo, che più si compie, più si avvicina e ci tocca.

 

 

Giovanni Pintori (071096)